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Nuova limitazione dei Nonilfenoli etossilati: come tutelarsi nei rapporti con i fornitori extra UE?

Dal 3 Febbraio 2021 sarà vietata l’immissione sul mercato dei Nonilfenoli etossilati (NPE), in articoli tessili che possono ragionevolmente essere lavati in acqua nel corso del loro normale ciclo di vita in concentrazioni pari o superiori allo 0,01 % in peso di tale articolo tessile o di ogni parte dello stesso. Lo ha previsto il Regolamento (UE) 2016/26 della Commissione del 13 gennaio 2016, che modifica l’allegato XVII del Regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH).

L’intervento trova origine dal Regno di Svezia che, il 2 agosto 2013, presentava all’Agenzia europea per le sostanze chimiche apposito fascicolo, secondo la normativa di legge[1], al fine di avviare la procedura di restrizione dei NPE, sostanze chimiche tossiche usate per la tintura dei tessuti a cui donano brillantezza. La relazione argomentava indicando che l’esposizione ai nonilfenoli e ai nonilfenoli etossilati costituisce un rischio per l’ambiente, in particolare per le specie acquatiche che vivono nelle acque di superficie. Al fine di limitare tale rischio, il fascicolo proponeva quindi di vietare l’immissione sul mercato di articoli tessili che possono essere lavati in acqua, qualora contengano NP e NPE in concentrazioni pari o superiori a 100 mg/kg (0,01 % in peso).

Il Regolamento, che entra in vigore il 3 febbraio 2016, ha introdotto nell’allegato XVII del Regolamento (CE) citato la nuova voce 46a[2]. La data di entrata in vigore del regolamento non deve trarre in inganno in quanto la restrizione diventerà effettivamente operativa solo dal 3 Febbraio 2021, questo perché “Le parti interessate dovrebbero disporre del tempo sufficiente per adottare opportune misure di conformità, in particolare per assicurare un’adeguata comunicazione all’interno della complessa catena di approvvigionamento a livello mondiale[3].

La nuova voce del REACH precisa che per articolo “tessile” si intende qualsiasi prodotto non finito, semifinito o finito costituito da almeno l’80 % in peso di fibre tessili, o qualsiasi altro prodotto che contiene una parte che è costituita da almeno l’80 % in peso di fibre tessili, inclusi prodotti quali abbigliamento, accessori, prodotti tessili per interni, fibre, filati, tessuti e pannelli a maglia.

La restrizione non si applicherà all’immissione sul mercato di articoli tessili di seconda mano o di nuovi articoli tessili fabbricati senza l’uso di NPE ed esclusivamente con materie tessili riciclate. Questa deroga trova spiegazione nel fatto che:

  1. i prodotti tessili di seconda mano sono stati generalmente lavati parecchie volte prima di essere venduti o messi a disposizione a terzi, contengano pertanto quantità trascurabili di NPE;
  2. i tessuti riciclati contengono, per ragioni analoghe a quelle precisate per i prodotti tessili di seconda mano, quantità trascurabili di NPE.

In altri termini la restrizione non dovrebbe applicarsi ai nuovi articoli tessili, qualora questi siano stati prodotti esclusivamente a partire da materie tessili riciclate senza l’uso di ulteriori NPE.

Come è noto, l’uso dei NPE per il trattamento di articoli prodotti in UE è vietato da più di 10 anni. Le due norme di riferimento in proposito sono la Direttiva acque del 2001 e lo stesso Regolamento REACH del 2006. Quest’ultimo in particolare già prevedeva alla voce 46 dell’allegato XVII una restrizione all’immissione sul mercato e all’uso di NPE come sostanza (anche in forma di miscela) ai fini del trattamento di tessili e di pellame.

In altri termini già oggi le imprese operanti all’interno dell’Unione Europea che effettuano lavorazioni su tessuti o pellame, non possono fare alcun trattamento a base di NPE, questo però non esclude che le stesse possano importare da Paesi extra UE, tessuti/pellame, semilavorati o prodotti finiti che siano stati lavorati con i NPE. Ciò in quanto alcuni Paesi, per lo più in via di sviluppo, non hanno ancora adottato normative volte a garantire uno standard di livello ambientale analogo a quello Europeo. Con la nuova restrizione quindi, l’Ordinamento Comunitario, riuscirà ad imporre uno standard ambientale non soltanto al tessuto lavorato nel territorio Comunitario, ma anche a quei tessuti lavorati altrove che in tale territorio “vogliano” entrare.

Secondo il rapporto “Panni sporchi 2” di Green Peace, l’utilizzo di queste sostanze tossiche è rinvenibile soprattutto nei prodotti provenienti prevalentemente da Cina, Malesia, Vietnam e Filippine e, in misura minore, in Bangladesh, Cambogia e Turchia. Attenzione dunque per chi importa materie prime, semilavorati o prodotti finiti da un Paese extra UE che potrebbero utilizzare nelle proprie lavorazioni NPE. L’art. 16 del D.lgs. 133/2009, infatti, sanziona il fabbricante, l’importatore, il rappresentante esclusivo o utilizzatore a valle che fabbrica, immette sul mercato o utilizza una sostanza in quanto tale o in quanto componente di un preparato o di un articolo non conformemente alle condizioni di restrizioni previste dall’Allegato XVII del regolamento REACH con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 40.000 a 150.000 euro.

Al fine di prevenire i rischi connessi a reati di questo tipo diventa sempre più fondamentale:

  1. imporre ai propri fornitori il rispetto di standard di qualità specifici;
  2. prevedere la possibilità per l’importatore di eseguire controlli o ispezioni presso gli stabilimenti del fornitore o, in alternativa ricorrendo al servizio di un laboratorio concordemente individuato dalle parti.

Ovviamente previsioni di questo genere dovranno essere oggetto di specifiche clausole contenute in accordi sottoscritti dalle parti. Non solo, per essere certi che tali clausole (di cui puoi trovare un esempio cliccando qui) non restino “lettera morta”, dovrà esserne garantita l’operatività tramite adeguati “meccanismi sanzionatori” del fornitore inadempiente.

Accordi di questo tipo sono proprio le “misure di conformità […] per assicurare un’adeguata comunicazione all’interno della complessa catena di approvvigionamento a livello mondiale” cui fa riferimento il dodicesimo considerando del Regolamento (UE) 2016/26. Come abbiamo già detto il legislatore ha dato ben cinque anni agli Stati Membri per attivarsi in tal senso: il tempo non manca, meglio quindi non farsi cogliere impreparati!


[1] Articolo 69, paragrafo 4, del Regolamento (CE) n. 1907/2006

[2] La nuova voce prevede nello specifico:

46a.
Nonilfenoli etossilati (NPE) (C2 H4 O)nC15 H24 O
1. Non possono essere immessi sul mercato dopo il 3 febbraio 2021 in articoli tessili che possono ragionevolmente essere lavati in acqua nel corso del loro normale ciclo di vita, in concentrazioni pari o superiori allo 0,01 % in peso di tale articolo tessile o di ogni parte dell’articolo tessile.
2. Il paragrafo 1 non si applica all’immissione sul mercato di articoli tessili di seconda mano o di nuovi articoli tessili fabbricati senza l’uso di NPE ed esclusivamente con materie tessili riciclate.
3. Ai fini dei paragrafi 1 e 2, per “articolo tessile” si intende qualsiasi prodotto non finito, semifinito o finito costituito da almeno l’80 % in peso di fibre tessili, o qualsiasi altro prodotto che contiene una parte che è costituita da almeno l’80 % in peso di fibre tessili, inclusi prodotti quali abbigliamento, accessori, prodotti tessili per interni, fibre, filati, tessuti e pannelli a maglia.

[3] Dodicesimo considerando del Regolamento (UE) 2016/26.

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